Dopo l’inaspettata riapertura della saga, un tanto atteso Episodio VII, ed un sorprendente Rogue One, ci ritroviamo tutti in sala a vedere (nel bene o nel male) il nuovo capitolo di Star Wars: “Gli Ultimi Jedi”. Il film dura troppo, ben due ore e mezza, condensando troppe scene belle ma inutili e personaggi poco approfonditi seppur funzionali. Comincio parlando della durata proprio perché tutto questo tempo finisce per infastidire, poiché la storyline dei Jedi e Sith è ovviamente più trascinante di tutto il resto, e interrompere bruscamente scene di pathos per mettere sotto i riflettori le altre vicende dà quasi fastidio, mostrando un dislivello notevole tra i fili da seguire. Questo capitolo però a differenza del precedente, si separa da molti schemi classici della saga, pedalando da solo senza l’eccessiva presenza di fan service, rendendo la visione più piacevole. Il film quindi c’è, è vivo, e prova ad osare: peccato che non riesce ad andare a segno come si deve però. Non tantissime, ma fondamentali le domande che poneva il capitolo VII: questo Guerre Stellari aveva l’obbligo di rispondere, la possibilità di riparare, la chance di spingersi oltre. A livello generale di racconto, dopo due ore e mezza di film si esce con le stesse perplessità con cui si è entrati. Non va bene. Troppe volte, se lo spettatore tiene in mente lo spazio-tempo dei personaggi, viene da chiedersi “Perché?” o “Come?”. Forzature evitabilissime. Togliendo questo però, il film non rimane senza punti a favore: la gestione del personaggio di Luke, seppur con qualche scena troppo lecchina nei confronti dei vecchi capitoli, funziona.
Rey e Kylo Ren confermano la buona intesa tra i personaggi cominciata nel VII film. E poi l’universo di Guerre Stellari fa il resto ovviamente: la colonna sonora sempre grandiosa e funzionale. Una regia molto particolare ma che riesce ad essere dinamica e a reggere le varie sfumature che la sceneggiatura offre. In sintesi, Gli Ultimi Jedi è uno Star Wars che prova ma non riesce al 100%, lasciandosi per strada gravi buchi, forzature e colpi di scena che non colpiscono: inqualificabile per una saga di questo peso, la gestione di un personaggio in particolare. Con tutti questi difetti però, impressiona. Diciamo che il secondo film di una trilogia è sempre il più anormale, avendo il compito non scritto di cambiare le carte in tavola e gonfiare la storia per poi lanciare lo spettatore verso un presunto ultimo capitolo mozzafiato: questo Star Wars s’incarta da solo nella storia più e più volte, ma riesce a suonare le giuste corde della saga che hanno fatto innamorare il pubblico, emozionando lo spettatore.
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