Il film
Successivamente rinominato Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza (Star Wars: Episode IV – A New Hope), il film del 1977 è scritto e diretto da George Lucas, ed è il primo della fortunata saga cinematografica fantascientifica di Guerre stellari.
Il film ricevette numerosi riconoscimenti, tra cui dieci candidature ai Premi Oscar 1978, vincendone sette (tra cui migliore montaggio, migliore scenografia, migliori costumi, migliori effetti speciali, migliore colonna sonora e miglior sonoro), con aggiunto l’Oscar alla carriera assegnato a Ben Burtt per il suo contributo nell’ambito degli effetti visivi.
Il film ha incassato 461 milioni di dollari nei soli Stati Uniti d’America e 337 milioni nel resto del mondo, per un totale di 798 milioni di dollari a livello globale. Il suo successo lo rese il film dal maggior incasso nella storia del cinema, superando gli incassi di Lo squalo di Steven Spielberg del 1975, fino all’uscita di E.T. l’extra-terrestre nel 1982. Nel Nord America, aggiornato al tasso d’inflazione, Guerre stellari rimane tutt’oggi il secondo film dal maggior incasso di sempre (dopo Via col vento), con oltre 178 milioni di biglietti venduti.
La trama
Il film, ambientato diciannove anni dopo la fondazione dell’Impero Galattico, narra le avventure dello Jedi Luke Skywalker e del suo maestro Obi-Wan Kenobi, impegnati nella lotta contro il Lato Oscuro della Forza a fianco dell’Alleanza Ribelle, guidata dalla Principessa Leila, in modo da porre fine al potere dell’Imperatore sulla Galassia, il malvagio uomo che ha rafforzato il suo potere sulla Galassia nelle vesti di monarca assoluto, insieme al suo misterioso allievo, Dart Fener, Signore dei Sith, seguace del lato oscuro della Forza e capo della Flotta Stellare Imperiale, impegnato a spezzare le ultime resistenze. Luke troverà l’aiuto necessario anche in Ian Solo, pilota del Millennium Falcon (col suo amico e copilota Chewbecca, uno wookiee alto più di due metri) che lavora come contrabbandiere al soldo del potente gangster Jabba the Hutt, col quale è pesantemente indebitato e che ha messo una taglia su di lui.
Alec Guinness
Parte della notorietà di Alec Guinness dipende dalla sua partecipazione alla trilogia originale di Star Wars nel ruolo del maestro Jedi Obi-Wan Kenobi ma, sembra che questa esperienza non sia stata delle più felici. In una lettera di circa 45 anni fa indirizzata all’amica Anne Kaufman l’attore scriveva di odiare i dialoghi ideati per Una nuova speranza e di trovare incredibilmente insopportabile il suo personaggio.
“Nuovi dialoghi spazzatura mi arrivano a giorni alterni su fogli di carta rosa e nessuno di questi rende il mio personaggio chiaro o quantomeno sopportabile”.
L’attore aggiungeva poi di essere annoiato dal dover lavorare con attori poco conosciuti che quotidianamente lo facevano sentire come un ultracentenario chiedendogli consigli sulla recitazione: “Devo andare in studio e lavorare con… Mark Hamill e Tennyson Ford. Ah no forse Ellison. Beh comunque, un giovane magro e languido di cui non ricordo il nome che probabilmente è intelligente e divertente. Ma, oh, Dio, Dio, mi fanno sentire novantenne e mi trattano come se avessi 106 anni. Oh, ecco Harrison Ford. Hai sentito parlare di lui?”.
Guinness però decise di accettare il ruolo per due motivi principali. In primis gli piacque molto il film precedente di George Lucas, American Graffiti (1973). Ma, soprattutto, nonostante le molte perplessità in merito alla trama, l’attore capì sin da subito che il film avrebbe potuto avere un grande successo, e che avrebbe potuto sbancare i botteghini (uno dei pochi a pensarla così, che lungimiranza!). Per questo motivo contrattò un adeguamento del suo compenso iniziale, raddoppiandolo a 150 mila dollari, e in più chiese il 2% dei profitti del film. Un’operazione che, in futuro, lo avrebbe reso davvero molto ricco.
Nonostante tutte queste sensazioni negative, quando terminarono le riprese del film Guinness scrisse queste parole sul suo diario:
“È un film molto spettacolare e tecnicamente notevole. Emozionante, molto rumoroso ma sincero. Secondo me la battaglia finale dura cinque minuti di troppo. Alcuni dei dialoghi sono atroci e la maggior parte si confonde nel frastuono generale. Rimane comunque un’esperienza che lascia il segno”.
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