Si chiude cosi la nuova trilogia di Guerre Stellari cominciata nel 2015: già sono passati 4 anni da quando si facevano le prime supposizioni su come sarebbe finita questa storia. Eccoci allora con Star Wars: L’ascesa di Skywalker e tutte le sue risposte al seguito.
Prima però un po’ di storia, breve breve: il primo capitolo fu diretto da un regista con la sua idea e la sua visione. Il secondo capitolo invece da un altro regista con un’idea ed una visione completamente opposta a quella precedente. Ora, il primo regista è tornato e deve far quadrare i conti. Quindi doppia inversione di marcia, per colpa di una visione d’insieme che non c’è mai stata fin dal principio. La domanda è: Si può fare una trilogia senza pianificarla? Senza far seguire lo stesso binario ai tre film? Si, ed esce fuori un prodotto maldestro, come questo. E stiamo parlando di Star Wars, dove l’attenzione sarebbe dovuta essere maggiore per forza di cose. L’Ascesa di Skywalker è un vestito bucato, dove il regista ha dovuto mettere pezze su pezze, di stoffa differente.
Certo, così facendo l’abito comunque esce fuori: intrattiene, ci sono buonissime intuizioni, e soprattutto sa dove colpire gli affezionati della saga con sequenze indubbiamente commoventi. Ma è anche vero che a giocare con i sentimenti siamo buoni tutti. Molte scene toccano il cuore ai fan di vecchia data, emozionando anche i più distaccati. Ma non è bastato. La colonna sonora è sempre quella, bella e suggestiva come giusto che sia. Ma non è bastata. Come detto prima, alcune intuizioni sono certamente buone ed originali rispetto all’universo Star Wars, ma anche questo non basta.Tornando al concetto delle toppe sul vestito, come tutti sapranno in questo ultimo capitolo tornerà Palpatine, storico villain della saga morto tre capitoli fa. Non vi spoileriamo niente, ma lo snodo narrativo relativo a questo personaggio, è la toppa più grande su questo vestito bucato. Un personaggio che il film vuole far entrare a forza nella testa dello spettatore nei primi cinque minuti risultando stomachevole e stantio. Non solo hanno affossato ancora di più questa trilogia già zoppicante, ma hanno infangato anche le due trilogie precedenti sminuendo atti e personaggi visti in passato. Non c’è un dialogo che duri più di due minuti, dando l’impressione di vedere tutte scene slegate tra loro. A seguire, questo atto conclusivo porta con se una riscrittura di un personaggio storico facendolo vedere in panni inediti ma non per questo giusti, e licenze prese in fase di sceneggiatura riguardo il potere Jedi, cambiandone le potenzialità a favore della trama. Il film non riesce come vorrebbe proprio perché paga le conseguenze degli errori fatti in passato. Ed è un peccato, visto che in alcuni punti si respira una bella magia, quella magia che solo un’atto conclusivo di questa portata riesce a dare. In conclusione senza addentrarci nello specifico, Star Wars: L’Ascesa di Skywalker è la vittima sacrificale di una trilogia nata sbagliata con una fanbase con troppa voce in capitolo, tanto da far cambiare le sorti produttive. Questo Episodio IX può anche piacere: l’emozioni sono il punto di forza del film, ma non vedere le falli palesi e far finta di niente sarebbe scorretto nei confronti di Star Wars stesso. Con tutte l’impegno possibile e apprezzabile per far stare bene questo vestito una volta indossato, ha comunque troppe toppe in evidenza per poterci andare ad un matrimonio.
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