Come vi abbiamo accennato in precedenza Terence Hill è stato intervistato da Vanity Fair dove ha ripercorso la sua carriera e raccontato vari aneddoti, tra cui ovviamente il film cult Lo Chiamavano Trinità.
Ecco la domanda e la risposta dell’attore
Quando una persona guarda i suoi film in qualche modo ritorna bambino, ritrova quel modo di vivere semplicemente, rivede un mondo diverso, sincero, pulito, spontaneo, allegro, spensierato, onesto, puro. Secondo lei è così? Il mondo, per lei, prima era migliore? Ha nostalgia della periferia di Madrid di Altrimenti ci arrabbiamo, della Miami de I due superpiedi quasi piatti, della Rio di Non c’è due senza quattro? Insomma ha nostalgia di quel mondo che, guardando i vostri film, a noi sembrava perfetto?
«Caro Tommaso (Paradiso, autore dell’intervista), ti ringrazio per il tuo amore per i nostri film e per le parole che usi per descriverli: sinceri, puliti, spontanei, allegri, spensierati… È vero: ti fanno diventare bambino. C’è da considerare che gli anni ’70 e ’80 e anche i primi ’90 erano diversi: si sognava ancora e non c’era bisogno di grandi budget per fare un film. Pensa che ci fu un anno in cui in Italia si girarono 300 film. Mi chiedi se guardo spesso i nostri film: no, ma se voglio farmi una risata vera mi ricostruisco a perfezione la scena in cui il messicano Mescal con la sua banda arriva al campo dei mormoni e chiede del vino… Ma il vino non c’è. Allora lui mette in fila i mormoni e li schiaffeggia. Quando arriva davanti a Bud dice: “Bello questo, non gli ho mai menato…”. Non sa cosa l’aspetta… Anche adesso mi viene da ridere!».
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