Dietro ogni grande uomo, c’è sempre una grande donna.
Joan Castleman (Glenn Close) è una donna estremamente intelligente e ancora molto bella, la perfetta moglie devota. Quarant’anni passati a sacrificare il suo talento, i suoi sogni e le sue ambizioni per incoraggiare e sostenere la carriera letteraria del carismatico marito Joe (Jonathan Pryce), sopportando e giustificando con pazienza le sue numerose scappatelle. Un tacito patto su cui è stato basato il loro matrimonio fatto di compromessi che la sola Joan deve sopportare. Ma dopo tanti anni ha finalmente raggiunto il punto di rottura. Alla vigilia del Premio Nobel, conferito a Joe per la sua apprezzata produzione letteraria, Joan si trova a confrontarsi con il più grande sacrificio della sua vita.
Diretto dal vincitore dell’Orso d’Argento a Berlino, Björn Runge, The Wife – Vivere nell’ombra è l’adattamento della sceneggiatrice Jane Anderson dell’omonimo romanzo di Meg Wolitzer: nel cast tanti nomi stellari, a partire da Glenn Close, Jonathan Pryce, Christian Slater, Max Irons, Harry Lloyd e Annie Starke.
Il nuovo film diretto del regista svedese si presta ad essere un interessante viaggio d’esplorazione dell’animo umano: focalizzando l’attenzione sul longevo legame tra Joan e Joe, arriviamo a scoprire una storia fatta di ambizione, sacrifici, emozioni ma sopratutto di riscatto femminile. Proprio per quest’ultimo aspetto, The Wife segue la scia dei recenti argomenti sociali sull’emancipazione femminile, inserendosi bene nella cornice dei vari #metoo e #timesup.
Joan, interpretata da una Glenn Close estremamente convincente, è il ritratto di una donna che ha messo da parte l’ambizione, che ha scelto di sua volontà di vivere artisticamente all’ombra del marito, consapevole che la sua voce non sarebbe stata ascoltata.
Semplificare però il messaggio del film unicamente come la ribalta del ruolo di una donna rimasta nell’ombra per tanto tempo non rispecchierebbe al 100% ciò che invece fa The Wife. Con una regia delicata e un’ottima alchimia di coppia tra Pryce e Close, lo spettatore riesce a mettersi nei panni di tutti i protagonisti, a capire le loro azioni e a catapultarsi nel loro legame evoluto in modo ‘scorretto’, ma che è allo stesso tempo solido e follemente indispensabile per entrambi. Joan sapeva a cosa avrebbe rinunciato, accetta questo tipo di vita, finché di fronte all’estrema riconoscenza del premio Nobel che lei stessa avrebbe meritato, non riesce a trattenere una ribellione, arrivata indubbiamente tardi.
Un film, ripetiamo, con un forte intanto di ribalta femminile, che rimane impresso maggiormente per questo aspetto, ma che vi colpirà per tante altre piccole sfumature.
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