Totò Cascio ha rilasciato un’intervista al Corriere dove racconta il grave problema che affligge i suoi occhi e come sta convivendo con la malattia. Ecco un piccolo estratto:
Che cosa riesce a vedere oggi?
«Le luci. Percepisco se in una stanza ci sono le finestre aperte, ma oggi sono abbastanza autonomo. Dopo anni di lavoro su me stesso ho imparato che il vittimismo serve a poco. Nei prossimi giorni, per esempio, dovrò andare in Toscana per presentare il mio libro, La gloria e la prova, e ci andrò da solo. Certo, mi verranno a prendere, ma io oggi vivo in quasi autonomia tra Bologna e la Sicilia e non escludo, un domani, di trasferirmi».
Nelle sue parole — e anche nelle sue confessioni affidate al libro — si avverte una grande diffidenza. Da dove nasce?
«Se diventi molto famoso a soli otto anni in un paesino della Sicilia (tra Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano, Palermo, ndr) devi aspettarti l’invidia. La cattiveria sotto forma di battute, piccole malignità anche per la mia famiglia. E poi non pensi che la malattia stessa sia immune da sarcasmo. Sia io che mio fratello, che peraltro soffre della mia stessa patologia, siamo stati bersagli facili. Tutto questo mi ha portato a chiudermi. Una volta, quando ormai erano passati anni dal film, feci una passeggiata con Tornatore. Lui mi chiese: “Che cosa c’è che non va?”. Non gli dissi nulla. Non dissi nulla nemmeno ai registi che mi cercavano, al massimo qualche volta rinunciavo io perché mi rendevo conto di non riuscire a farcela. Una volta Franco Zeffirelli mi invitò a casa sua per conoscermi di persona e vagliare la mia partecipazione a un suo progetto. Ma il mio occhio sinistro già allora tendeva a spostarsi di lato e l’effetto era di un leggero strabismo. Lui se ne accorse, il progetto andò in fumo».
Come è riuscito ad accettare la malattia e, dunque, anche il suo percorso di vita?
«Iniziando la psicoterapia, lavorando a contatto con altre persone che hanno la mia stessa forma di invalidità. Devo moltissimo all’istituto “Francesco Cavazza” di Bologna, dove si lavora per l’integrazione dei portatori di disabilità nel tessuto sociale. Adesso sono pronto per ricominciare. Vorrei portare La gloria e la prova, il libro che ho scritto per Baldini + Castoldi in teatro. Vorrei andare in giro a parlare a chi soffre del mio stesso disturbo. Vorrei, perché no, tornare a recitare. Vediamo».
Che cosa le manca?
«Non ho fatto in tempo a vedere il volto dei miei due nipotini, e questo è un grande rammarico. Poi, certo, mi manca il non poter guardare le belle donne, ma ho fatto in tempo a vedere i gol di Totti e, insomma, dai, va bene così».
Commenti recenti