Ospite di “One More Time” di Luca Casadei, Niko Cutugno, figlio di Toto Cutugno, nato da una relazione extraconiugale, racconta l’infanzia trascorsa per la maggior parte del tempo nella totale inconsapevolezza di essere figlio del celebre cantante:
“Per la maggior parte della mia vita ho avuto la percezione di essere il frutto di un tradimento. Per i primi sette anni, io inconsapevole, ho portato il cognome solo di mia mamma. Conoscevo il suo vero nome che era Salvatore. Ero in macchina con mio papà, avevo forse sette anni, una cosa del genere, e in radio di punto in bianco passano un suo brano. Questa voce che usciva dalla radio, mi ricordo un po’ un senso di: ‘c’è qualcosa che non quadra’, perché comunque ce l’avevo seduto a fianco. Ebbi la sensazione che rimase tipo in silenzio, quasi pietrificato, come se si stesse nascondendo per paura di essere scoperto in sostanza”.
Poi il segreto è stato svelato:
“Scattano queste foto di nascosto di me e papà che giochiamo nel cortile di casa. Questo ha dato vita a uno sconvolgimento, almeno temporaneo, delle sue certezze, perché ha dovuto scegliere se farlo emergere e farlo scoprire, diciamo, non solo a sua moglie, ma tutto il suo mondo lavorativo. Nessuno lo sapeva. Il giorno prima che uscisse questo giornale, è andato dalla moglie e le ha raccontato tutto. In quel momento sembrava che fosse cascato il mondo, almeno il suo mondo. La moglie è rimasta sconvolta da questa notizia, ma ha esortato mio papà a riconoscermi perché lei, a sua volta, da bambina aveva vissuto una storia molto simile con il padre. Lui, comunque, per recuperare il rapporto con la moglie, disse appunto che la relazione con mia mamma si era interrotta quando non era vero”.
Poi la malattia:
“Era agosto del 2023 e mi hanno detto: “guarda che tuo papà è giallo”. Il 22 se n’è andato: era un uomo che non aveva più voglia, si capiva che voleva andarsene. Sono arrivato in ospedale, ero da solo, sono stato il primo. Mio papà era già in coma. Ricordo proprio quell’ora in cui siamo stati in camera da soli, gli ripetevo mentalmente un mantra: ‘ti amo, mi spiace, perdonami, grazie‘. Lui mi stringeva la mano e a un certo punto si è commosso“.
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