Compie 40 anni oggi Vado a vivere da solo, film del 1982 diretto da Marco Risi. Primo film come regista di Risi, è anche il primo in cui Jerry Calà riveste un ruolo da protagonista. Il film guadagnò 1.070.022.000 di lire e fu il 38º film più visto nei cinema italiani nella stagione cinematografica 1982-1983
TRAMA
Giacomo, chiamato “Giacomino” per i genitori iperprotettivi, è un ventiseienne milanese studente fuoricorso di architettura. Al suo compleanno mamma e papà gli promettono qualunque cosa e lui, colta la palla al balzo, chiede loro i soldi necessari per poter andare a vivere da solo e rendersi finalmente indipendente. I genitori, dopo molte resistenze soprattutto da parte della madre, decidono alla fine di accontentarlo. Affitta allora un loft malconcio, all’ultimo piano di un palazzone senza ascensore, e lo arreda con mobili di seconda mano, ma con un tocco spiccato di originalità ispirata al gusto kitsch. Inizia da quel momento la sua avventura da scapolo gaudente, ma deve purtroppo sopportare le visite “pedagogiche” dell’invadente signor Giuseppe quarantasettenne ex vicino di casa cacciato dalla moglie e che finisce per venire ad abitare da lui.
JERRY CALÀ: “MI EMOZIONAI DAVANTI AI MANIFESTI DEL FILM”
In un recente post su Facebook l’attore ha ricordato l’emozione del suo primo film da protagonista dopo che lasciò i Gatti di Vicolo Miracoli:
Nello stesso anno in cui girai Bomber arrivò il mio momento, quello in cui il nome di Jerry Calà spiccava in cima ai cartelloni, prima ancora del titolo. Fu per il primo film che feci con Marco Risi, Vado a vivere da solo. La mia consacrazione. Se non lavorate nel mondo dello spettacolo non potete capire cosa significa vedere scritto su una locandina «Jerry Calà in» prima del titolo del film. Ve lo spiego io, allora. Quella posizione di preminenza significa che tu sei il motivo per cui la gente esce di casa per andare al cinema, dopo aver scelto il film quasi unicamente perché dentro ci hai lavorato tu. Significa essere diventati protagonisti e non più comprimari, attori e non più cabarettisti prestati al cinema. Insomma, con tutto quello che mi era capitato, con tutti i successi che già riempivano il mio curriculum, vedermi in cima al cartellone fu forse la più grande soddisfazione che avessi mai avuto fino ad allora. Anche perché era stato il mio sogno sin da bambino, da quando mio papà la domenica pomeriggio mi portava al cinema Corso in via Sant’Antonio, a Verona, a vedere i film di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Mio padre, in quanto emigrato siciliano, adorava i loro film perché destavano in lui tanti ricordi. Non solo quelli, però… Quando ancora abitavamo a Milano, spesso la domenica pomeriggio papà diceva a mia mamma: «Porto Geri al cinema…» Ed effettivamente mi portava allo Smeraldo, una celebre sala usata anche per le esibizioni dei più grandi nomi della musica e oggi trasformata nella spettacolare sede di una prestigiosa catena gastronomica. La caratteristica dello Smeraldo però era il dopofilm. Quando la pellicola era finita e si accendevano le luci io facevo per alzarmi, ma papà diceva: «No, Geri. Non è finito». Nella buca prendeva posto una vera orchestra, e sul palco iniziavano a sfilare le «donnine» di Elio Crovetto o gli spettacoli definiti «erotico-musicali» di Vici De Roll (ma non immaginatevi chissà che). Era un patto tacito tra padre e figlio: io gli servivo da scusa per concedersi innocenti distrazioni extramatrimoniali e lui mi forniva indirettamente i primi rudimenti di educazione sessuale. Certo che quando comincio con i flashback faccio i salti carpiati all’indietro, quindi torniamo al cinema Corso di Verona in una di quelle domeniche pomeriggio, mentre aspettavamo di entrare nel cinema per vedere Franco e Ciccio. Davanti alla locandina di uno dei tanti film in cui il nome dei due grandi comici siciliani svettava su ogni altra cosa, avevo una visione: chissà se un giorno su quei manifesti ci sarà scritto «Jerry Calà in». Non è realtà romanzata, credetemi. Quando mi mostrarono in anteprima i manifesti che avrebbero pubblicizzato Vado a vivere da solo e vidi dove avevano scritto il mio nome, mi tornò in mente quel ricordo che chissà in quale parte della mia testa si nascondeva. Pensai: allora i sogni si avverano!
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