Valeria Marini ha dovuto testimoniare davanti al giudice monocratico di Roma per un caso che ha riguardato la madre, Gianna Orrù, vittima di una truffa da centinaia di migliaia di euro.
Tra il 2018 e il 2019 la donna, oggi 86 anni, ha perso più di 350mila euro dopo aver fatto un investimento in bitcoin. A proporglielo era stato il produttore cinematografico Giuseppe Milazzo Andreani, finito a processo con l’accusa di truffa: lei si era fidata di quella proposta, che però si sarebbe rivelata una truffa e per questo si è deciso di procedere per vie legali. La showgirl, di fronte al giudice, ha raccontato quanto sua madre ha sofferto dopo il raggiro subito.
“Questa persona ha distrutto mia madre, che essendo una donna d’onore si vergognava di essere stata raggirata al punto di rifiutarsi persino di aprirmi la porta di casa“. Come riportato da Il Messaggero, lui voleva girare con lei il cortometraggio L’ultimo applauso: “Sosteneva che avrei potuto interpretare una parte e che per il progetto avrebbe utilizzato i fondi Imaie. Si era presentato sostenendo che aveva girato il video del mio matrimonio, ma io non mi ricordavo di lui”.
In aula, quindi, Marini ha ricordato il calvario che avrebbe vissuto sua madre, assistita dall’avvocato Laura Sgrò: “Per tanto tempo non ha detto niente, si era chiusa in sé stessa. Poi a un tratto è stata un fiume in piena. Era rimasta senza soldi, le ho dato una mano, anzi le ho dato ogni cosa perché quello che è mio, è suo. Non poteva nemmeno pagare le bollette – racconta Marini -. Giuseppe Milazzo le ha raccontato solo balle, quando abbiamo richiesto i soldi indietro. Si è inventato persino l’esistenza di un uomo per impietosirci facendo la parte del truffato”.
Il racconto dell’attrice è interrotto più volte da un pianto, poi si ferma e ricomincia: “Era caduta in depressione. Era finita in un tunnel per colpa di Milazzo. Mamma ha impegnato i gioielli al monte dei pegni, poi li abbiamo recuperati”, spiega Marini. Che poi aggiunge: “Ha minacciato mia madre seppure in modo velato. Gli disse che c’era la mafia cinese e che le avrebbero incendiato la macchina. Ho dovuto mettere un investigatore privato per difendere mamma. Che è una donna favolosa. Mi domando una cosa: se non ci fossimo stati io e miei fratelli, che fine avrebbe fatto mamma? Fare queste cose a una persona sola, è imperdonabile. Truffare, talvolta, è come commettere una violenza“, conclude Marini.
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