“Dammi tre parole… Sole, cuore e amore”. Un ritornello che ha segnato la vita di Valeria Rossi, cantautrice nata a Tripoli che spopolò nel 2001 proprio con quel tormentone, Tre parole. Intervistata da Repubblica, Valeria Rossi ha parlato così della sua vita, dopo essere tornata in televisione dopo tanti anni di assenza in occasione del programma condotto da Carlo Conti, “I migliori anni”. Oggi ha 55 anni, vive a Monza con il marito e il figlio ed è impegnata in vari progetti legati alla bioenergetica dopo aver preso una laurea in Antropologia.

La infastidisce essere ricordata per quella canzone da record?

“Ma no. È stato un momento importante della mia vita. Anche se talvolta penso sia stato un incidente di percorso vedendo quello che poi ho fatto”.

“Tre parole” doveva anche partecipare a Sanremo Giovani del 2001 ma venne bocciata”.

All’inizio il testo era un po’ diverso, più crepuscolare. “Sì, doveva fare: “Sono il guaritore, sono il tuo dolore. Sono la notte che deve passare”. La prima ispirazione arrivava da una esperienza sentimentale di quel periodo. Ma come tutte le cose poi si trasforma. E in quel caso c’è stato un bel lavoro di gruppo”.

La canzone esce in primavera e fa subito il botto. Addirittura vince il Festivalbar.

“Ricordo ancora l’esordio a Taormina con 20 mila persone. Pensi che l’organizzatore non inserì nemmeno il pezzo nel cd ufficiale perché mi considerava una sconosciuta. Insomma, la vincitrice nell’album del 2001 non c’è”.

Tutti la cercano, la vogliono, la fermano per strada. Come ha reagito?

“Mentre tutto questo succedeva, io man mano mi estraniavo con la mente. Pareva di vivere in una bolla. In verità la pecca più grande di quel momento è stata la velocità”.

Perché?

“Ma perché le persone, io allora avevo 30 anni, hanno bisogno di metabolizzare, di capire. E quindi ho avuto questo disagio. Da una parte una sensazione bella che mi stava realizzando e dall’altra questo vortice da cui era difficile uscire. L’estrema velocità del successo non mi ha dato la possibilità di prendere bene le misure. Ho iniziato a stare sulla difensiva”.

Con “Tre parole” si è arricchita?

“Oddio, arricchita è una parola grossa. Allora c’è stato un bel ritorno tanto che ho comprato una casa ai miei genitori che non avevano nulla ed erano sempre stati in affitto. Oggi entra ancora qualcosa per i diritti”.

Pubblica due album poi dopo pochi anni la musica non è più il suo interesse principale. Cosa succede?

“Quando hai un successo di quella portata ti si appiccica un’etichetta addosso e ti chiedono di fare sempre la stessa cosa. In questo caso la stessa canzone. Molti mi domandano se odio “Tre parole”. Direi di no, ma perché non mi sono cristallizzata solo su quello. Ho fatto tante altre cose. Mi sono laureata in Antropologia, ho vinto un concorso statale”.