È Valerio Mastandrea il protagonista della nuova puntata di “Stories”, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, con la regia di Francesco Venuto, l’attore e regista si racconta in “Valerio Mastandrea – La festa delle medie”, in onda sabato 29 marzo alle 12:35 su Sky Arte e sempre disponibile On Demand.

Una carriera prolifica da attore, ma Valerio Mastandrea è ormai giunto anche alla seconda esperienza da regista con il suo ultimo lavoro ‘Nonostante’, da giovedì 27 marzo al cinema:

“Questa è una storia d’amore, molto semplice, in un contesto meno semplice, ma sostanzialmente allegorico. L’idea era quella di voler raccontare quando e come l’amore, se lo incontri, possa svegliarti. Per rappresentare questo abbiamo messo i nostri protagonisti in una condizione ospedaliera speciale e particolare, proprio per avere anche l’esempio massimo dell’immobilità, della staticità.  In questo caso è un innamoramento senza motivo, una di quelle cose irrazionali”. Ma se dovesse sforzarsi di trovare le parole giuste per raccontare questo nuovo progetto “è una specie di festa delle medie – ha scherzato – dato che tu alle medie alle tre di pomeriggio andavi ad una festa a casa di qualcuno, alle 4 arrivava improvvisamente qualcuno della terza media di cui ti innamoravi e non avevi il coraggio di parlarci sino alle sette e mezza, quando un campanello portava via o te o la persona in questione, e tu per la settimana successiva non pensavi ad altro se non a questa persona, che non avresti mai più rivisto. Raccontiamo quel tipo di innamoramento lì”.

“E’ una dedica a mio padre, che era un ‘nonostante’. Abbiamo scelto questo titolo non come avverbio, ma come sostantivo. Mio padre era un ‘nonostante’, io mi sento di esserlo, i ‘nonostante’ li riconosco, sono quelli che, quando incontrano un’emozione così travolgente, non hanno paura di andargli addosso e poi ne pagano le conseguenze. Quindi penso che omaggio migliore a una personalità come quella di mio padre non potesse esserci”.

Facendo un passo indietro, Valerio Mastandrea racconta quella che a primo impatto indicherebbe come la sua immagine di casa:

 “Ne ho cambiate tante di case, ma se mi chiedi la casa Mastandrea io ti parlerei dell’immagine di me e mamma, in una casa in cui sono cresciuto dai 7 ai 23 anni. Ricordo che casa mia si apriva pure con cento lire. Avevano provato a rubare, mia madre non chiudeva mai con il catenaccio, e c’erano queste cento lire che mettevo nella conca dello scasso quando non avevo le chiavi”.

La carriera cinematografica

Poi la splendida carriera cinematografica che l’ha visto collaborare coi più grandi registi e attori del panorama italiano. Su tutti Paolo Virzì a cui dedica parole al miele:

 “È come se ci completassimo, non so come mai, ma con Paolo mi diverto sempre tanto. ‘La prima cosa bella’ ha sicuramente commosso tutti quelli che l’hanno visto”.

A proposito di emozioni, su cosa lo commuova oggi, rivela:

 “Ultimamente piango un po’ per qualsiasi cosa, e penso anche che quell’esperienza lì del pianto e della commozione sia sempre una porta che si chiude e una porta che si apre, non relativamente alla cosa che ha innescato il pianto, ma proprio per aver cominciato ad aprire il portone”.

Un’altra opera a cui è legatissimo, seppur non vi abbia preso parte né come attore né come regista, è il capolavoro di Claudio Caligari ‘Non essere cattivo’, un film che ha visto la luce anche grazie al suo immenso impegno:

 “E’ stato anche merito mio, non solo merito mio. A settembre sono dieci anni dall’uscita di ‘Non essere cattivo’, e quando vedo la scena di Alessandro Borghi e Luca Marinelli che si abbracciano, mi devasta sempre. Quando li vedo così in contatto, è come se facessero parte di me”.

Tra i film di maggior successo della sua carriera, impossibile non citare poi Perfetti sconosciuti’, in merito al quale Valerio Mastandrea ci tiene a raccontare un aneddoto:

“Di recente ho incontrato una ragazza in treno che mi guarda, mi squadra, e mi dice che apparivo diverso rispetto a come mi aveva visto un paio d’anni prima in ‘Perfetti sconosciuti’ quando le ero sembrato un sessantenne, precisando che le aveva fatto piacere di vedermi bene rispetto ad allora. Ho chiamato il direttore della fotografia di ‘Perfetti Sconosciuti’ per ringraziarlo del lavoro svolto” ha scherzato

Altra menzione d’onore poi per ‘Figli’, la pellicola di Giuseppe Bonito, in cui ha lavorato tra gli altri con Mattia Torre e Paola Cortellesi:

“Mattia è un amico e un geniaccio della scrittura, che poi, secondo me, quello poi è il risultato di un certo modo di stare al mondo, anche se lui diceva che la scrittura era la cosa più complicata di tutte. È un amico che manca un sacco. Invece Paola è un atomo impazzito che poi ha le sembianze di un essere umano, donna, molto veloce di testa, completamente pazza, è una persona a cui voglio un bene dell’anima e con cui mi diverto sempre tantissimo”.

Proprio sotto la direzione di Paola Cortellesi è stato tra i protagonisti di C’è ancora domani’, dove interpreta un maschio violento “che però è il più fragile di tutti, che è quello che voleva raccontare Paola. Quando mi ha chiamato proponendomi questa cosa, io gli ho detto che era pieno di gente che avesse il physique du rôle, ma lei disse che non serviva quello. Ha avuto ragione, dal momento che il mio personaggio nella gente, per strada, non suscitava rabbia, ma pietà, ossia il sentimento che, secondo Paola, avrebbe dovuto tramandarsi nell’immaginario collettivo”. Del resto “la cultura dominante non la subisce solo la donna nei suoi ruoli, ma anche il maschio. E quel tipo di immaginario lo frantumi soltanto allargando lo sguardo” ha aggiunto. 

Recentemente, un ruolo con cui ha riscosso un grande successo è stato quello di doppiatore del personaggio dell’Armadillo in ‘Strappare lungo i bordi’ di Zerocalcare, dove ha dato voce alla coscienza del protagonista: 

Quello non ce l’ha la coscienza, è evidente. È la persona di cui parlo peggio in pubblico da quando sono nato, dato che grazie a lui la gente mi saluta dicendo ‘buon doppiaggio’, quindi 33 anni di carriera buttati per il grande successo ottenuto da questo impostore, con cui però, purtroppo, mi diverto davvero tanto” ha scherzato affettuosamente.